Criteri di riparto dell’onere della prova in ambito di responsabilità sanitaria (Corte di Cassazione, ordinanza n. 5922/2024)
Con l’ordinanza in commento la Suprema Corte ribadisce che il paziente non è tenuto a dimostrare l’inadempimento del sanitario, ma solo il nesso causale tra la condotta e il danno subito.
Il paziente deve, pertanto, fornire prove sufficienti per dimostrare che il danno è una conseguenza diretta della condotta omissiva o commissiva del sanitario.
Una volta che il paziente ha dimostrato sussistere il nesso causale, l’onere di provare l’esatto adempimento ricade sulla struttura sanitaria.
Quest’ultima deve dimostrare che la prestazione sanitaria è stata eseguita correttamente e in conformità con le regole della buona pratica medica (leges artis).
Qualora l’inadempimento fosse imputabile a cause non dipendenti dalla struttura, la stessa, per andare esente da responsabilità, dovrà fornire la prova di tali circostanze.
Con l’occasione, la Corte chiarisce, altresì, la differenza tra nesso causale e inadempimento.
Il nesso causale è la relazione tra la condotta del sanitario e il danno subito dal paziente; esso è un concetto relazionale che identifica l’azione del sanitario come causa diretta del danno.
L’inadempimento, invece, si riferisce alla mancata esecuzione o all’errata esecuzione della prestazione sanitaria secondo le leges artis).
Mentre il paziente deve dimostrare il nesso causale, è compito dell’ente sanitario provare che non vi è stato inadempimento oppure che esso è dovuto a cause non imputabili alla struttura stessa.
Ai fini dell’accertamento del nesso causale soccorrono due criteri: a) il criterio del “più probabile che non”, secondo cui il giudice valuta se una certa condotta è causa di un evento dannoso basandosi sulla probabilità maggiore che l’evento sia conseguenza della condotta piuttosto che no; b) il criterio della “prevalenza relativa”, in base al quale il giudice valuta se la probabilità che una condotta sia la causa di un evento dannoso prevale sulle probabilità delle altre cause alternative o concause esistenti.
Da ciò ne deriva che, qualora l’evento dannoso sia ipoteticamente riconducibile ad una pluralità di cause, in applicazione progressiva dei due criteri, il giudice di merito deve prima eliminare le ipotesi meno probabili, analizzare quelle rimanenti più probabili e scegliere quella con il maggior grado di conferma, basandosi su un ragionamento inferenziale.