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Il consenso informato (Cass. Civ. Sez. III° – sentenza n. 28985/2019)

Con la sentenza in commento la Suprema Corte ha ribadito l’assunto secondo cui “la manifestazione del consenso del paziente alla prestazione sanitaria, costituisce esercizio di un autonomo diritto soggettivo all’autodeterminazione proprio della persona fisica”, diverso dal diritto alla salute inteso quale diritto del soggetto alla propria integrità psico-fisica.

Il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, trae fondamento dai principi contemplati nell’art. 2 Cost., che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, nell’art. 13 Cost. che stabilisce che “la libertà personale è inviolabile”, e l’art. 32 Cost. secondo cui “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge“.

Da ciò deriva l’obbligo del medico “di fornire informazioni dettagliate, in quanto adempimento strettamente strumentale a rendere consapevole il paziente della natura dell’intervento medico e/o chirurgico, della sua portata ed estensione, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative”.

  • un danno alla salute, sussistente “quando sia ragionevole ritenere che il paziente – sul quale grava il relativo onere probatorio – se correttamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi all’intervento (onde non subirne le conseguenze invalidanti)”;
  • un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione, rinvenibile quando “a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (ed, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute”.

Per ottenere il risarcimento di tali pregiudizi, il paziente dovrà dimostrare la relazione tra l’evento lesivo del diritto alla autodeterminazione e le conseguenze pregiudizievoli che da quello derivano secondo un nesso eziologico sul piano della causalità giuridica ex art. 1223 c.c..

E così segnatamente:

  1. a) il fatto positivo da provare è il rifiuto che sarebbe stato opposto dal paziente al medico;
  2. b) il presupposto della domanda risarcitoria è costituito dalla scelta soggettiva del paziente, così che la distribuzione del relativo onere va individuato in base al criterio della cd. “vicinanza della prova” che grava sul paziente;
  3. c) il discostamento della scelta del paziente dalla valutazione di necessità/opportunità dell’intervento operata dal medico costituisce eventualità non corrispondente all'”id quod plerumque accidit“.

Tale prova, secondo la Suprema Corte, “potrà essere fornita con ogni mezzo, ivi compresi il notorio, le massime di esperienza, le presunzioni, queste ultime fondate, in un rapporto di proporzionalità diretta, sulla gravità delle condizioni di salute del paziente e sul grado di necessarietà dell’operazione”.

Dall’inadempimento dell’obbligo informativo gravante sul medico possono allora derivare le seguenti situazioni:

1) omessa/insufficiente informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta colposa del medico, a cui il paziente avrebbe in ogni caso scelto di sottoporsi, nelle medesime condizioni, “hic et nunc“. In tal caso il risarcimento sarà limitato al solo danno alla salute subito dal paziente, nella sua duplice componente, morale e relazionale;

2) omessa/insufficiente informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta colposa del medico, a cui il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi. In tal caso, oltre l danno alla salute, sarà risarcibile anche la lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente;

3) omessa informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute (inteso anche nel senso di un aggravamento delle condizioni preesistenti) a causa della condotta non colposa del medico: se il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi all’intervento saranno risarcibili il danno da lesione del diritto alla autodeterminazione, liquidato in via equitativa nonché il danno lesione alla salute da valutarsi in relazione alla eventuale situazione “differenziale” tra il maggiore danno biologico conseguente all’intervento ed il preesistente stato patologico invalidante del soggetto;

4) omessa informazione in relazione ad un intervento che non abbia cagionato danno alla salute: se il paziente avrebbe comunque scelto di sottoporvisi, allo stesso non sarà accordato alcun risarcimento;

5) omessa / inadeguata diagnostica che non ha cagionato un danno alla salute del paziente, ma che gli ha, tuttavia, impedito di accedere a più accurati ed attendibili accertamenti: se il paziente sarà in grado di allegare che, a seguito dell’omessa, inadeguata o insufficiente informazione, gli sono comunque derivate conseguenze dannose di natura non patrimoniale, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente, sarà risarcibile il danno da lesione del diritto alla autodeterminazione.