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Responsabilità medica e ritardo diagnostico: la Corte di Cassazione conferma il principio del “più probabile che non” nell’accertamento del nesso causale – ordinanza n. 2122 del 29 gennaio 2025

L’ordinanza in commento affronta un caso di responsabilità medica relativo al decesso di un paziente per dissezione aortica, sottolineando diversi aspetti fondamentali della materia.

La vicenda giudiziaria trae origine dal ricorso proposto dai familiari del defunto contro la decisione della Corte d’Appello di Catania, che aveva escluso la responsabilità della struttura sanitaria.

La Suprema Corte ha esaminato il caso alla luce del consolidato principio del “più probabile che non”, stabilendo che l’omessa diagnosi tempestiva e il conseguente ritardo nel trasferimento del paziente presso una struttura idonea hanno privato quest’ultimo della possibilità di ricevere un trattamento salvavita.

Secondo la Corte, se fossero stati eseguiti in tempi utili gli esami diagnostici appropriati (TAC e consulenza cardiologica), vi sarebbe stata una probabilità significativa di successo dell’intervento chirurgico necessario.

Un punto centrale della decisione riguarda l’errata classificazione del paziente con codice verde, che ha ritardato l’attivazione del protocollo di emergenza.

La Corte ha censurato tale omissione, ritenendola una grave negligenza, in quanto ha contribuito al ritardo diagnostico e all’assenza di un’adeguata risposta clinica alla condizione del paziente.

Un altro profilo affrontato riguarda l’organizzazione della struttura sanitaria.

La Corte ha rilevato che l’assenza di un servizio di elisoccorso immediatamente disponibile non può costituire una giustificazione per l’omessa adozione di misure alternative di trasporto.

Le carenze strutturali e organizzative non possono essere addotte per escludere la responsabilità della struttura sanitaria, specialmente quando il tempo a disposizione avrebbe consentito di garantire un trattamento adeguato al paziente.

Infine, la Cassazione ha ribadito il principio per cui l’onere della prova grava sulla struttura sanitaria.

Non spetta ai familiari del paziente dimostrare con assoluta certezza che l’intervento tempestivo avrebbe evitato il decesso, bensì è la struttura a dover provare che, anche in presenza di un trattamento corretto, l’esito sarebbe stato comunque infausto.

Questo aspetto è di particolare rilievo, poiché riafferma il principio del giusto processo e della tutela del paziente nel contenzioso per colpa medica.

In conclusione, la decisione si inserisce nel solco della giurisprudenza più recente in materia di responsabilità sanitaria, sottolineando l’importanza di una corretta gestione delle emergenze mediche, dell’adeguata organizzazione delle strutture sanitarie e del rispetto degli standard diagnostici e terapeutici per evitare eventi avversi prevenibili.

La pronuncia conferma, dunque, l’obbligo delle strutture sanitarie di adottare tutte le misure necessarie per garantire ai pazienti cure tempestive ed efficaci, pena l’assunzione di responsabilità per gli esiti dannosi derivanti da condotte omissive o negligenti.