News

Danno differenziale: la Cassazione traccia le linee guida

Con ordinanza n. 17407/2016, la VI° Sezione delle Corte di Cassazione è tornata ad affrontare il tema del c.d. “danno differenziale”, istituto di elaborazione giurisprudenziale e dottrinale.

Il Caso.

Nel giudizio proposto dalla vittima di un sinistro stradale, che aveva già percepito dall’INAIL l’indennizzo dovutogli per legge, interveniva l’Assicuratore Sociale formulando azione di surrogazione ex art. 1916 c.c. nei confronti dei convenuti.

La Corte d’Appello di Brescia, decidendo tanto sulla domanda principale di risarcimento, quanto su quella di surrogazione, aveva calcolato il risarcimento spettante alla vittima liquidando il danno aquiliano coi criteri equitativi ritenuti applicabili; lo ha dimezzato ex art. 1227 c.c., comma 1, in considerazione del concorso colposo del danneggiato nell’evento; quindi ha sottratto dall’importo così ottenuto il valore capitale della rendita e le altre somme pagate dall’INAIL, eccezion fatta per gli importi sostenuti dall’assicuratore sociale a titolo di spese mediche.

La sentenza veniva pertanto impugnata dalla vittima del sinistro non condividendo quest’ultima i criteri coi quali il primo giudice aveva calcolato il danno differenziale.

La Suprema Corte, partendo dall’assunto secondo cui la surrogazione dell’assicuratore di cui all’art. 1916 c.c. è una successione a titolo particolare nel diritto al risarcimento spettante all’assicurato che ha la funzione, da un lato, di evitare l’arricchimento del responsabile, dall’altro di evitare un interesse dell’assicurato all’avverarsi del sinistro e nondimeno mantenere bassi i costi del servizio assicurativo e, di rimbalzo, i premi, ha osservato quanto segue :

“a) in tanto l’assicuratore sociale può surrogarsi alla vittima, in quanto questa vanti un diritto di credito verso il responsabile;

b) una volta esercitata la surrogazione, il danneggiato perde il relativo diritto di eredito verso il responsabile, diritto che si trasferisce all’assicuratore sociale;

c) se l’assicuratore sociale, in forza della speciale legislazione che ne disciplina i doveri, è tenuto ad indennizzare obbligatoriamente un pregiudizio che, dal punto di vista civilistico, la vittima non risulta avere subito, per il relativo intorto non può esservi surrogazione;

d) il credito risarcitorio della vittima si riduce solo e nella misura in cui abbia ricevuto dall’assicuratore sociale indennizzi destinati a ristorare danni che dal punto di vista civilistico possano dirsi effettivamente patiti”.

Applicando dunque i suddetti criteri per il calcolo del c.d. danno differenziale, ne discende che, per quanto riguarda il danno biologico permanente, la nozione civilistica di tale pregiudizio (desumibile dall’art. 138 cod. ass., che secondo questa Corte è espressione di un principio generale) coincide con la nozione assicurativa ( D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13).

Il calcolo differenziale andrà dunque effettuato sottraendo dal credito risarcitorio civilistico l’importo pagato dall’INAIL per la stessa voce.

Dopo aver ricordato che per le invalidità permanenti superiori al 16% l’INAIL paga all’assicurato una rendita il cui importo è stabilito dalla Tabella che costituisce l’Allegato 5 al dm. 12.7.2000, e che il valore risultante dalla suddetta tabella è poi maggiorato di un quid variabile in funzione del reddito della vittima in base all’art. 13, comma 2, lett. (b), D.Lgs. n. 38 del 2000, calcolata moltiplicando la retribuzione del danneggiato per un coefficiente stabilito dall’ Allegato 6 al D.M. 12 luglio 2000, che varia a seconda dell’entità delle menomazioni, la Corte stabilisce che quando ricorrono i presupposti di cui la citato art. 13, comma 2, lett. (b),  D.Lgs. 38 del 2000, l’INAIL liquida all’avente diritto un indennizzo in forma di rendita che ha veste unitaria, ma duplice contenuto: con quell’indennizzo, infatti, l’INAIL compensa sia il danno biologico, sia il danno patrimoniale da perdita della capacità di lavoro e di guadagno.

Da ciò consegue che quando la vittima di un illecito aquiliano abbia percepito anche l’indennizzo da parte dell’INAIL, per calcolare il danno biologico permanente differenziale è necessario, dapprima, determinare il grado di invalidità permanente patito dalla vittima e monetizzarlo secondo i criteri della responsabilità civile, ivi inclusa la personalizzazione o danno morale che dir si voglia, attesa la natura unitaria ed omnicomprensiva del danno non patrimoniale; quindi sottrarre dall’importo ottenuto non il valore capitale dell’intera rendita costituita dall’INAIL, ma solo il valore capitale della quota di rendita che ristora il danno biologico (nel solco della sentenza n. 13222 del 26.6.2015 Cass. III° Sez.).

Per quanto riguarda il risarcimento del danno biologico temporaneo, esso in nessun caso potrà essere ridotto per effetto dell’intervento dell’assicuratore sociale, dal momento che l’INAIL non indennizza questo tipo di pregiudizio, e se non v’è pagamento non può esservi – per quanto detto – surrogazione.

Per quanto riguarda il risarcimento del danno patrimoniale da riduzione permanente della capacità di guadagno, che l’INAIL – per quanto detto – indennizza a prescindere da qualsiasi prova della sua sussistenza, sol che l’invalidità causata dall’infortunio superi il 16%, il relativo indennizzo assicurativo potrà essere detratto dal risarcimento aquiliano solo se la vittima abbia effettivamente patito un pregiudizio di questo tipo.

Negli altri casi l’indennizzo resta acquisito alla vittima, ma né potrà essere defalcato dal credito risarcitorio di quest’ultima per altre voci di danno, né potrà dar luogo a surrogazione: se infatti la vittima non ha patito alcuna riduzione della capacità di guadagno, non vanta il relativo credito verso il responsabile, e se quel diritto non esiste, non può nemmeno trasferirsi all’INAIL.

Per quanto riguarda il danno patrimoniale da inabilità temporanea al lavoro e quello rappresentato dalle spese mediche, solitamente non si pongono problemi di calcolo del danno differenziale, essendo i suddetti pregiudizi di norma integralmente ristorati dall’INAIL.

L’indennizzo pagato dall’INAIL a titolo di inabilità temporanea o spese mediche non può però essere defalcato dal credito risarcitorio aquiliano spettante alla vittima per voci di danno diverse.

Infine, per quanto riguarda i ratei di rendita già riscossi dalla vittima prima del risarcimento, essi seguiranno sorte diversa a seconda del titolo per il quale sono stati pagati, e quindi: i ratei (o la quota parte di essi già riscossi a titolo di danno biologico permanente, andranno a defalco del credito risarcitorio spettante alla vittima per questa voce di danno; i ratei (o la quota parte di essi) già riscossi a titolo di danno patrimoniale da incapacità lavorativa, andranno a defalco del credito risarcitorio spettante alla vittima per questa voce di danno, se esistente ed accertato.

La Suprema Corte ha pertanto accolto il ricorso ravvisando, alla luce dei criteri esposti in proemio, plurimi errori commessi dalla Corte d’Appello di Brescia la quale ha sottratto dal credito risarcitorio della vittima per danno non patrimoniale l’importo alla stessa pagato dall’INAIL, sia a titolo di indennizzo del danno patrimoniale d’incapacità lavorativa, sia a titolo di indennizzo del danno patrimoniale da inabilità temporanea, soggiungendo, peraltro, che l’INAIL ha diritto a vedersi restituire dal danneggiato il relativo importo, senza avvedersi che in tal modo ha di fatto ridotto l’assicurazione sociale ad una partita di giro.

Umberto Vianello