La Corte dei Conti condanna i vertici di un’Azienda Sanitaria per non aver sottoscritto una transazione vantaggiosa nel corso di un giudizio (Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale regionale per l’Umbria – Sentenza n. 9/2022)
La vicenda
Nel corso di una controversia di lavoro instaurata da alcuni dipendenti nei confronti dell’azienda ospedaliera presso cui lavoravano, gli stessi si erano dichiarati disponibili ad abbandonare la causa a fronte del pagamento, in loro favore, di una somma inferiore rispetto a quella reclamata in giudizio.
L’azienda ospedaliera, dapprima aderiva a tale soluzione conciliativa, poi ritirava la sua adesione.
La causa, pertanto, si definiva con sentenza e l’azienda ospedaliera veniva condannata a rifondere ai suoi dipendenti un importo ingente, pari quasi al quadruplo di quanto i lavoratori avevano proposto in via transattiva durante il processo.
Avuto contezza di questa vicenda, su impulso della Procura, la Corte dei Conti ha instaurato un procedimento nei confronti dei vertici dell’azienda ospedaliera, condannandoli a risarcire a quest’ultima il danno da questa subito a seguito delle loro condotte gravemente colpose; danno identificato nel differenziale tra il costo che l’ente ha dovuto sostenere a seguito della soccombenza e quanto avrebbe potuto essere pattuito per definire la controversia in via bonaria.
In diritto
Nella sentenza in commento, la Corte dei Conti ha affermato il principio secondo cui se, secondo consolidato orientamento, è sindacabile una transazione ove irragionevole, altamente diseconomica o contraria ai fini istituzionali (cfr. ex multis Corte dei Conti, Sez. giur. Lombardia, sent. 31 luglio 2016, n. 127 Sez. giur. Campania, sent. 29 febbraio 2012, n. 250; Sez. giur. Abruzzo, sent. 5 gennaio 2012, n. 1), altrettanto sindacabile è la scelta di non concludere una transazione palesemente vantaggiosa, in applicazione dell’ancor più generale principio in base al quale il limite all’insindacabilità delle scelte discrezionali della Pubblica Amministrazione risiede nella “esigenza di accertare che l’attività svolta sia ispirata a criteri ragionevole proporzionalità tra costi e benefici” ( Corte dei Conti, Sez. III, sent. 9 luglio 2019, n. 132 e 30 luglio 2019, n. 147; Sez. II, sent. 13 febbraio 2017, n. 91).
Considerazioni
Pur derivando da una controversia di natura giuslavoristica, si ritiene che il principio fissato dalla Corte dei Conti con tale pronuncia possa trovare applicazione anche in altro genere di contenziosi.
Nell’ambito della responsabilità medica, ad esempio, all’esito di una consulenza tecnica d’ufficio disposta nel corso di un procedimento in cui i periti nominati dal tribunale hanno riconosciuto profili di censura in capo ai sanitari dell’Ente ospedaliero che hanno avuto in cura un paziente, spesso accade che quest’ultimo (o i suoi congiunti, in caso di decesso), pur di definire in tempi celeri la vertenza, si dichiari disponibile ad accettare, a fini conciliativi, un risarcimento inferiore rispetto a quello allo stesso spettante.
Nonostante tale disponibilità, sovente le Aziende ospedaliere preferiscono resistere in giudizio, con la conseguenza che spesso le sentenze che definiscono queste controversie riconoscono ai danneggiati un risarcimento superiore a quanto gli stessi sarebbero stati disponibili ad accettare in via transattiva, e così determinando un danno erariale sanzionabile dalla Corte dei Conti.