Danni da vaccinazione. La Corte di Giustizia dell’Unione europea accantona l’evidenza scientifica
All’esito di una causa che vedeva contrapposti un cittadino francese, ammalatosi di sclerosi multipla, e la Sanofi Pasteur, produttrice di un vaccino contro l’epatite B, la Corte di Giustizia dell’Unione europea, sez. II, con sentenza del 21 giugno 2017 n° C‑621/15 ha stabilito il principio secondo cui “in mancanza di consenso scientifico, il difetto di un vaccino e il nesso di causalità tra il medesimo e una malattia possono essere provati con un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti”; a condizione che tale complesso di indizi consenta di ritenere, con un grado sufficientemente elevato di probabilità, che un simile risultato corrisponda alla realtà.
Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che la prossimità temporale tra la somministrazione di un vaccino e l’insorgenza di una malattia, la mancanza di precedenti medici personali e familiari correlati a detta malattia nonché l’esistenza di un numero significativo di casi repertoriati di comparsa di tale malattia a seguito di simili somministrazioni sembrano, a prima vista, costituire indizi la cui compresenza potrebbe indurre un giudice nazionale a concludere che il danneggiato ha assolto l’onere della prova su di lui gravante.
La Corte tuttavia conclude arginando la portata della sua “rivoluzionaria” presa di posizione affermando che un “simile mezzo di prova può solo riguardare presunzioni che: a) siano basate su prove sia rilevanti sia sufficientemente rigorose per sostenere quanto dedotto, b) siano relative, c) non limitino indebitamente la libera valutazione delle prove da parte del giudice nazionale, d) non impediscano a i giudici nazionali di tenere in debita considerazione qualsiasi ricerca medica rilevante”.
Vedremo ora quali effetti riverbererà tale sentenza su un tema già oltremodo controverso.
Si pensi, ad esempio, all’annosa questione circa la presunta correlazione tra l’inoculazione di vaccini ed autismo.
La tesi suggestiva era stata originariamente introdotta da un medico inglese, tale Andrew Wakefiled, che però poi venne smascherato allorquando si scoprì che aveva alterato i risultati di alcuni test per consentire a uno studio legale di radicare class action contro le case farmaceutiche produttrici dei vaccini.
In Italia alcuni tribunali si sono comunque pronunciati favorevolmente affermando detta correlazione (tra i provvedimenti più noti si segnala la sentenza del tribunale di Rimini n. 148 del 15 marzo 2012).
Mentre la Cassazione Civile, sez. lavoro, con la recente sentenza n. 12427 del 16 giugno 2016, ha invece escluso la sussistenza di un nesso causale tra vaccini ed autismo poiché non supportato da validi riscontri scientifici, ovvero con motivazioni antitetiche rispetto a quelle della sentenza della Corte di Giustizia in commento.










